Trattati di Roma: celebrare per ripartire con entusiasmo

Parlare di orgoglio europeo o di Stati Uniti d’Europa non è molto popolare di questi tempi. Da anni ormai le istituzioni europee vengono prese per il gioco dello scaricabarile da un gran numero di politici, cittadini o testate d’informazione. Un fronte eterogeneo, unito solo dal fatto di dare la colpa di ogni cosa a un’entità astratta e lontana: “l’Europa” appunto.

Ma è davvero colpa dell’Europa se ci sono cose che non vanno? E staremmo davvero meglio se tornassimo agli Stati-nazione figli dell’800? Io credo di no. Di più, credo che solo la creazione di una vera Europa federale, sul modello degli Stati Uniti d’America, possa permetterci di superare la maggior parte dei problemi di oggi, sfide che in un mondo globale i vecchi staterelli nazionali non potrebbero mai raccogliere.

Per questo è stato motivo di grande orgoglio per me, sabato 25 marzo, rappresentare la Regione Emilia-Romagna con il suo gonfalone alla “March for Europe 2017” organizzata dall’Unione dei Federalisti Europei (rappresentata in Italia dal MFE), Gruppo Spinelli, Giovani Federalisti Europei, Movimento Europeo e associazione Stand For Europe. Meno di un chilometro e mezzo in luoghi carichi di storia, dalla Bocca della Verità all’Arco di Costantino (accanto al Colosseo) passando accanto al Circo Massimo. Luoghi importanti, che ci devono comunque far riflettere: in un pianeta pieno di giovani, il Vecchio continente è sempre più anziano e rischia di diventare un grande museo.

La data del 25 marzo non è stata scelta a caso, dato che quello stesso giorno, 60 anni prima, a Roma si firmarono i trattati che stanno alla base dell’attuale Unione: quello della Comunità economica europea (Cee) e quello della Comunità europea dell’energia atomica (Euratom). Si tratta di un momento storico che non poteva passare sotto silenzio. Vero è che sabato, a Roma, c’erano anche i leader dei 27 stati membri dell’Unione, oltre ai vertici del Consiglio europeo, del Parlamento e della Commissione europea. Una volta tanto tutti disposti a mettere da parte litigiosità e prove di forza nel nome di una visione comune: un’Europa più sicura, prospera, forte, sociale e sostenibile. Si è trattato di un bel segnale, un richiamo alle radici e agli ideali comuni, per un’Europa che non sia solo di aride regole tecniche ma una vera comunità di opportunità per tutti.

L’Europa ha bisogno di nuovo slancio. Bisogna prima gettare delle basi solide, rivendicando con orgoglio le conquiste dei decenni passati: un lungo periodo di pace e prosperità nel Continente (dopo secoli di conflitti spaventosi), la tutela dei diritti umani per tutti i cittadini (libertà sulle quali si riflette troppo poco), la solidarietà tra nazioni vicine e la libertà dei cittadini di lavorare e studiare altrove. Poi dobbiamo dire in modo chiaro che i muri, le divisioni, i rigurgiti nazionalistici non ci appartengono. In tanti lo hanno fatto lo scorso sabato, a Roma come a Londra. In molti di più dovremo farlo nei mesi e negli anni a venire, per rafforzare la cittadinanza europea e giungere ad una vera federazione europea. Perché, al di là delle dichiarazioni dei leader, il futuro di questo continente è nelle mani dei cittadini, di tutti noi. Dobbiamo parlare dell’Europa, interessarci ad essa, chiedere a gran voce che il processo d’integrazione riparta in chiave federalista.

Stand up for our future!

> Il testo della Dichiarazione di Roma

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