Energie rinnovabili di comunità: un progetto da promuovere

Lasciarsi alle spalle i combustibili fossili? Ci sono piccole comunità che lo hanno già fatto, abbracciando in tutto e per tutto le rinnovabili. Esperienze interessanti da sostenere e diffondere per la consigliera regionale Manuela Rontini, che ha presentato un’interrogazione con cui chiede alla Giunta se intenda riconoscere un ruolo di primo piano allo sviluppo delle “Comunità energetiche” in Emilia-Romagna, “che essendo sistemi di produzione e consumo a chilometro zero di energia rinnovabile, possono coinvolgere le comunità locali trasformando i cittadini utenti da semplici fruitori dei servizi energetici, a protagonisti e promotori della transizione verso la Low carbon economy, con la creazione di nuovi posti di lavoro”.

L’occasione per riconoscere il ruolo di queste comunità potrebbe arrivare nell’ambito del Piano attuativo triennale del nuovo Piano energetico regionale (che ha come orizzonte di riferimento il 2030).

Al giorno d’oggi le energie rinnovabili associate alle tecnologie dell’informazione permetterebbero di connettere produzione e consumi in maniera intelligente rendendo possibile la condivisione dell’energia all’interno di comunità energetiche. Nelle comunità energetiche, infatti, i cittadini partecipano direttamente alla progettazione e al finanziamento di nuovi impianti rinnovabili con un processo decisionale aperto e democratico.

“Queste comunità sarebbero di semplice realizzazione, in quanto basterebbe connettere produttori e consumatori con una rete gestita in maniera intelligente. In Europa si contano più di 2.400 comunità che coinvolgono oltre 650mila cittadini con un investimento di due miliardi di euro in impianti a fonti rinnovabili per la capacità di oltre un Gigawatt, producendo 1.100 posti di lavoro. In Italia si trovano solo poche cooperative e comunità energetiche localizzate soprattutto nelle Alpi: a Prato dello Stelvio in provincia di Bolzano, in Valle d’Aosta, a Dobbiaco, e a Melpignano in provincia di Lecce. In Emilia-Romagna è invece attivo un progetto pilota coordinato dall’Università di Bologna e cofinanziato dalla Regione: l’associazione delle Comunità Solari Locali formata da sei comuni bolognesi (Casalecchio di Reno, Sasso Marconi, Medicina, San Lazzaro di Savena, Ozzano Emilia e Zola Predosa), uno strumento di monitoraggio energetico che promuove la partecipazione collettiva per la riduzione dei consumi e la produzione di energia rinnovabile diffusa”.

Per monitorare la progressiva transizione verso la Low carbon economy regionale, è necessario il coinvolgimento attivo di tutti i soggetti interessati. E le comunità energetiche, essendo sistemi di produzione e di consumo di energia rinnovabile a chilometro zero, possono farlo trasformando i cittadini utenti da semplici fruitori dei servizi energetici a protagonisti e promotori della transizione. L’opposto, in pratica, dell’imperante sindrome Nimby che paralizza molte opere.

 

> Il testo dell’interrogazione

Condividilo:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.